Di Maurizio Blondet  27 luglio 2017
“La portata extraterritoriale di queste  [nuove]  sanzioni   appare illecita rispetto al diritto internazionale. Abbiamo già contrastato testi simili che hanno potuto essere emanati in passato”.  Così  la  portavoce  del ministero degli Esteri francese,  Agnés Romatet-Espagne.   La Francia comincia a delineare forse una opposizione alle sanzioni anti-russe  varate a schiacciante maggioranza  (419 contro 3)  dalla camera Usa, che rappresentano insieme: a) una dichiarazione di guerra contro “questo  ex agente del Kgb che ha  si è ingerito nelle nostre elezioni  (così il deputato  Ed Royce),   b) una manifestazione della frenesia psicotica   anti-russa artificialmente creata dal Deep State, c) una delegittimazione del presidente Trump a cui  si  nega la prerogativa presidenziale di eventualmente alleviare quelle sanzioni  e  la  messa sotto sorveglianza parlamentare della sua politica estera, e –  last but not least – d)  un gravissimo danno economico agli interessi franco-tedeschi ed anche i nostri.   In pratica, si puniscono (per esempio sbarrando loro l’accesso ai “mercati” di Wll Street ealle banche Usa)  le aziende che stanno completando il Nord Stream 2, che porta il gas russo direttamente alla Germania passando sotto  il Baltico,  per  sostituirlo con la fornitura di gas da scisto Made in USA. Una  riconversione gigantesca e perdente, che innescherebbe una depressione storica in Europa.

La volontà francese (se tale è) di  accusare la decisione Usa di violazione del diritto internazionale è benvenuta;  e insieme patetica, se si ricorda quante violazioni americane del diritto internazionale l’Europa ha  accettato, a cominciare dall’invasione di Afghanistan e Irak  senza mandato Onu. Doveva opporsi allora, e non saremmo arivati a  questo punto di arbitrio statunitense. Ma meglio  tardi che mai.
La protesta di Bruxelles (leggi: Berlino e Parigi)  contro Washington  ha  assunto questa forma:  noi,  Usa ed Eu,   ci siamo sempre coordinati nelle sanzioni alla Russia, per dar loro più forza; adesso Washington  lancia sanzioni non  concordate, che indeboliscono il fronte… “Sanzioni contro la Russia non dovrebbero diventare uno strumento per la politica industria Usa”, ha piagnucolato il  portavoce del ministero tedesco degli  Esteri.
Patetico. La verità, come ha spiegato Le Monde, la linea rossa fissata fra Washington e Bruxelles era che le sanzioni non avrebbero toccato le forniture di gas russo   all’Europa.
Adesso la Camera americana   ha violato questo accordo tacito, nel modo più plateale.   Il punto 9 e il punto 10 della  decisione votata a schiacciante maggioranza  afferma che la “direttiva politica Usa” ,  quindi obbligatoria per il presidente, 9)  “continuare a respingere il gasdotto Nord Stream 2, a causa del suo impatto dannoso sulla sicurezza energetica dell’Unione europea e lo sviluppo del mercato del gas in Europa centrale e orientale e le riforme di energia in Ucraina”.  (10)  “il governo degli Stati Uniti tiene come priorità  l’esportazione di risorse energetiche degli Stati Uniti, al fine di creare posti di lavoro in America per aiutare gli alleati degli Stati Uniti e rafforzare la politica estera degli Stati Uniti. ”
Ovviamente, non si equivochi sull’identificazione “gli alleati degli Stati Uniti”,    da “aiutare”  per i deputati americani: non siamo noi, non è la Germania.   Al punto 1 si impone, come direttiva permanente (policy)   di “assistere  il governo dell’Ucraina per riconquistare la sua indipendenza sovrana e territoriale.  (2) di contrastare  tutti gli sforzi di destabilizzazione messi in atto dal  governo della Federazione Russa che violano gli obblighi internazionali “
Il punto 3 impone di “non riconoscere mai  l’annessione della Crimea da parte del governo della Federazione russa o la separazione di una parte del territorio di Ucraina attraverso l’uso della forza militare, 4) dissuadere il Governo della Federazione Russa dal compiere ulteriori sforzi per destabilizzare e di invadere l’Ucraina o in altri paesi indipendenti in Europa centrale e orientale e del Caucaso. 5)  Assistere l’Ucraina nella  riforma del settore energetico [leggi: farle comprare il GPL nostro, invece che il gas russo] e 6 promuovere  e sostenere  una concorrenza leale nel settore energetico ucraino, così come la liberalizzazione del mercato e l’affidabilità, onde  7)  aiutare l’Ucraina e gli altri alleati degli Stati Uniti in Europa [leggi: Polonia, Baltici, Romania, Bulgaria…]  a ridurre la sua dipendenza dalle risorse energetiche russe, in particolare il gas naturale, che utilizza il governo della Federazione russa come arma per costringere, intimidire e influenzare  altri paesi”.
Quali armi ha l’Europa per contrastare queste misure distruttive?
Pochissime, a sentire  Francis Perrin, dell’Institut des Relations Internationales et Strategiques di Parigi.  Che elenca quatro opzioni:
Prima: “offrire concessioni agli americani” in cambio di un alleggerimento delle  nuove sanzioni. “E’  stato già fatto in precenza, contro le sanzioni Usa applicate alle imprese europee che facevano affari petroliferi con l’Iran” – e  infatti i primi di luglio, Total ha firmato con Teheran un contratto gigante da 5 miliardi di dollari per lo sfruttamento di South Pars.
Seconda opzione: “La UE potrebbe far adottare una legislazione europea per bloccare le misure americane”.
Terza: “Rispondere con rappresaglie economiche contro le imprese americane che operano in Europa”: certo, come no, innescare l’escalation protezionista che tutta la dirigenza  eurocratica ha giurato di scongiurare.
Quarta:    cercare l’arbitrato dell’OMC,  Organizzazione Mondiale del Commercio. Se l’OMC dichiara illegali le misure americane,  autorizzerà   l’Unione Europea  a rispondere con misure di rappresaglia”: che sarebbe comunque l’infarto della globalizzazione di cui al terzo punto.

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