A fine mese la Fiera della moda a Mosca CPM Moscow – Com’è cambiato il mercato della moda in Russia – Ci aspettiamo il “no alle sanzioni contro la Russia” dai partecipanti e dagli organizzatori.

 La moda Italiana sarà protagonista della prossima edizione del CPM Moscow che si aprirà a fine agosto, il padiglione italiano curato con successo da EMI ( Ente Moda Italia ) sarà molto più nutrito che nelle precedenti edizioni e vedrà esposte 124 aziende italiane contro le 94 dello scorso settembre.

Il padiglione italiano sarà quindi molto più nutrito e tra le collezioni esposte si vedranno le nuove proposte che si affacciano per la prima volta sul mercato russo e saranno queste ( lo speriamo perché è necessario vedere qualcosa di nuovo e adatto all’attuale mercato) le vere protagoniste della 29esima edizione di CPM Collection Première Moscow, il principale salone moda della Russia e dell’Europa dell’Est, in programma dal 30 agosto al 2 settembre 2017 Expocentr di Mosca, con grande merito della stessa EMI che è da sempre impegnata nella selezione e valorizzazione delle aziende italiane del settore.

 Che il made in Italy sia molto apprezzato in Russia è un dato di fatto, in particolare nella moda l’Italia è sempre stata uno dei primi fornitori della Russia, anche se con alti e bassi dovuti alle vicende politiche che tutti conosciamo atte a screditare e limitare la Russia nello scenario internazionale, cosa alla quale i russi ormai hanno fatto l’abitudine e superato “riadattando” la propria economia e approfittando delle limitazioni imposte per creare vere e proprie opportunità di sviluppo interno.  

 L’economia Russa oggi è in ripresa e non dimentichiamo che il debito della Russia è uno dei più bassi al mondo, quindi le prospettive sono buone e illimitate nel tempo.

Anche i dati di Sistema Moda Italia sull’export italiano verso la Russia da gennaio ad aprile 2017 hanno fatto registrare risultati in crescita a doppia cifra (+17,5% in quantità di prodotto moda esportato, +13% in termini di valore economico, ha detto Claudio Marenzi, presidente di Ente Moda Italia. “Le nostre aziende sono fiduciose e stanno tornando a investire con forza sul mercato russo, sempre più convinte di quanto questo sia importante per le loro vendite e per il prodotto Made in Italy nel suo complesso”.

 “C’è una realistica presa d’atto che la situazione russa sia in ripresa”, ha detto anche Alberto Scaccioni, amministratore delegato di Ente Moda Italia. “Arrivano dati e segnali evidenti sia dai risultati dell’export del tessile-abbigliamento italiano sul mercato russo – la Russia, che era calata del -30% nel 2015, ha assistito nel corso del 2016 a un progressivo recupero fino a tornare in aumento del +7,3%, per un totale di quasi 950 milioni di euro di vendite………….

 Ciò non significa che le difficoltà siano tutte scomparse, il mercato è cambiato e si è adeguato alle nuove esigenze di un pubblico più accorto e consapevole, ci si è dovuti adeguare anche alle richieste di produzioni di fascia media contro una strana logica di mercato che identificava la Russia come un mercato elitario, luxury, di fascia sempre molto alta, griffato o di alta artigianalità.

Non è più così se mai lo è stata almeno con tale enfasi, frutto più di una falsata immagine, diffusa in particolare nelle imprese italiane del settore, che vedevano nella Russia una facile opportunità di altrettanto facili super-profitti.

Griffe e marchi conosciuti l’hanno fatta da padroni nei tempi d’oro dell’”apertura al mondo” di questo enorme mercato, dove le proposte top italiane erano viste come status symbol dagli stessi operatori e dove i compratori con possibilità economiche adeguate erano una nicchia, per contro anche molti consumatori senza tali possibilità economiche trovavano le risorse in una economia sommersa spinti proprio dalla necessità di ottenere uno status sociale offerto dal marchio e dal made in Italy, cosi come nelle automobili si prediligevano Mercedes e BMW, nella moda la ricerca era nel made in Italy e nella griffe/marchio.

 Un exploit economico che si è manifestato dal 2000 al 2007 grazie a finanziamenti e prestiti che le banche erogavano con molta facilità ai consumatori, potenzialmente garantiti dai loro siti abitativi che in ampia misura la popolazione deteneva in proprietà o comproprietà.

In questo periodo si è visto un enorme proliferarsi di centri commerciali, aperture di miriadi di negozi proprio nel settore moda che nonostante gli onerosi impegni economici, per gli altissimi affitti e i costi gestionali, riuscivano ad alimentare un mercato che essenzialmente si basava non sulle reali possibilità del consumatore bensì sulle sue capacità d’indebitarsi.

Poi è arrivata la crisi generalizzata partita ( come sempre ) dagli Stati Uniti che ha contratto i flussi finanziari e i debiti dovevano essere coperti o ripianati. Il potere d’acquisto non era più lo stesso e le proposte italiane di livello medio-fine e fine perdevano presa nel mercato, spiazzando i produttori italiani in ogni segmento del mercato i quali, non essendo preparati e per nulla previdenti, si sono ritrovati in serie problematiche.

 Il settore dell’abbigliamento ha visto chiudere la maggior parte degli showroom e delle distribuzioni in Russia, il numero dei visitatori fieristici si contraeva sempre di più e la ricerca degli operatori commerciali si orientava verso produzioni più economiche ancorché se ne prediligesse il made in Italy.

Le aziende italiane poco propense ad abbassare non tanto la qualità ma il livello di profitto sul quale avevano fatto affidamento fino ad allora nel mercato russo, non si sono adeguate, e molti hanno abbandonato, altri si riproponevano con produzioni meno ridondanti ma non adeguavano sufficientemente il prezzo alla proposta: si riscontravano anomalie quali i listini italiani più bassi del 30% e oltre rispetto a quelli proposti in Russia, cosi come si rilevavano doppie sigle di prezzo anche per quei compratori russi che arrivavano in Italia per acquisire direttamente i prodotti ma ( poveri loro! ) a prezzi molto superiori a quelli proposti nel mercato interno dagli stessi produttori. Insomma si continuava a ritenere che i russi potessero spendere molto di più degli italiani e “furbescamente” i prezzi per i russi venivano aumentati notevolmente rispetto a quelli proposti agli operatori nazionali.

 Successivamente si è aggiunta la crisi del Rublo, dovuta alle “manovre” USA per accaparrarsi il controllo del mercato mondiale energetico (gli USA sono i più indebitati al mondo e con una economia costantemente falsata) che con le sanzioni hanno determinato una ulteriore contrazione del mercato russo e un conseguente ridimensionamento dei consumi interni: un’altra delusione per le aziende italiane che hanno preferito “scappare” dal mercato russo anziché e ancora adeguarsi con produzioni alla portata.

Molte aziende italiane che si erano affidate al mercato russo, contando esclusivamente sugli alti profitti ( il giochino era finito ), si sono trovate in condizioni critiche e molte altre hanno chiuso, così come hanno chiuso molti operatori del mercato in Russia: negozianti, la stragrande maggioranza degli showroom, le distribuzioni e gli stocchisti.

 Pochissimi gli operatori seri rimasti, solo quelli molto seri, storici e strutturati hanno continuato ad operare anche se in perdita, confidando nella capacità della Russia di far ripartire la propria economia: e così è stato. Oggi i segnali sono molto positivi e i fattori inizialmente negativi si sono rivelati vere e proprie opportunità per l’economia interna russa che è riuscita a ricreare ricchezza producendo ciò che prima acquisivano dall’esterno.

 Il settore della moda in Russia è cambiato sensibilmente, perlomeno il più vasto mercato, richiede produzioni di media qualità ad un costo adeguato, senza differenze fra listini casalinghi e quelli proposti in Russia, i russi viaggiano molto specialmente in Italia e guardando le vetrine desumono i prezzi all’origine con un semplice calcolo. Gli operatori russi del settore moda sono molto più qualificati e accorti di un tempo, conoscono le materie prime e il rapporto prezzo qualità, oltreché il valore effettivo e attualizzato di un made in Italy non sempre realmente tale o comunque come un tempo.

Il mercato richiede che le aziende italiane propongano il prodotto italiano, quello per gli italiani e non un prodotto per i russi, un pret-à- porter quotidiano, total look nei quali scegliere abbinamenti già coordinati, tessuti naturali e una qualità media e anche medio-bassa, visto la capacità di acquisto generalizzata in queste aree, però proposte con tutta la creatività e il gusto dello stilismo italiano. Fascia di mercato che l’imprenditoria italiana dovrebbe fare di tutto per accaparrarsi, dato che la fascia bassa non ci compete e che ormai è appannaggio della Cina.

 C’è anche da considerare che le collezioni programmate e quindi gli ordini programmati non hanno più la valenza di una volta, gli operatori lavorano con programmato al 50% mentre si avvalgono per l’altro 50% di acquisizioni a pronto –magazzino o pronto-programmato, problematica che rende il mercato leggermente più complesso da gestire per coloro che non operano nel pronto.

Inoltre è sempre necessario affidarsi a partner -showroom o distribuzioni- in grado di gestire in proprio il programmato come pronto da offrire al retail, il che richiede tempistiche di introduzione nel mercato più lunghe con risultati iniziali spesso insoddisfacenti.

Proprio per questo è impensabile che il mercato risponda immediatamente alla sollecitazione delle collezioni, specialmente per le nuove aziende che si presentano per la prima volta o per coloro che sono da poco presenti, i tempi di attesa non sono più quelli dei “ bei tempi”, il mercato è da fare con scienza e coscienza, con costanza e pazienza.

 Ecco che c’è da stare attenti nel ricercare la collaborazione di un agente così come inteso in Italia, tale figura è praticamente inesistente è fuori luogo, e quand’anche vi fosse la perdita di tempo sarebbe notevole. Per vendere in Russia serve promuovere a livello di marketing, call-center dedicati, con decine di migliaia di contatti diretti e indiretti, con showroom espositivi adeguati e non con collezioni in “valigia ad apertura programmata”.

Serve assistenza per trasporti e sdoganamenti la dove il cliente lo richieda e serve dedicare alla promozione delle collezioni 350 giorni all’anno costantemente e non solo per il periodo di campagna. Servono strutture adeguate, personale e risorse non improvvisati, con pluriennale esperienza sul campo.

 

Quindi l’azienda italiana deve rimanere presente sul mercato e non fuggire al primo flop, deve adeguare le proprie aspettative alla realtà di questo mercato come lo deve fare per ogni altro mercato in questa era di globalizzazione, costanza e proposta sono le caratteristiche necessarie per realizzare un nuovo mercato, oltre a duttilità e capacità di adeguamento alle variabili richieste, tenendo sempre ben presente che il “costo zero” non esiste e che se un mercato è considerato strategico qualche piccolo impegno economico lo si deve affrontare.

Non è più il tempo del “ mordi e fuggi”, delle collaborazioni che cambiano spesso con lo scopo di acquisire clientela da l’uno o l’altro showroom, dei budget ricercati ed espressi senza storicità, di vendere direttamente bypassando il partner locale, delle vendite” in contante”, delle strane gestioni e alchimie del “nero o grigio” o altre ormai improbabili opzioni di questo mercato.

 E’ il tempo di agire seriamente e senza “fronzoli” nel mercato che certamente diverrà il mercato più importante e il più vicino alla realtà italiana, nell’entità statale più vasta al mondo e con prospettive per i prossimi 30 anni e oltre per le imprese italiane, un’area che nutre grande simpatia per l’Italia e gli italiani anche se tradita dall’adesione alle sanzioni che, almeno l’Italia poteva e doveva evitare.

 Ci aspetteremmo che i partecipanti italiani del CPM, la stessa EMI, manifesti pubblicamente il “NO ALLE SANZIONI CONTRO LA RUSSIA” con un cartello esposto in ogni stand per richiamare l’attenzione dei politici italiani e per solidarietà verso la Russia su provvedimenti ingiusti che la volontà popolare italiana non vuole ma ai quali l’Italia si è adeguata supinamente.

 Buon lavoro a tutte le imprese italiane presenti al CPM.

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